Questo post è dedicato a tutti quelli che sono convinti che il proprio sito sia stato realizzato male, senza interrogarsi sul perché le cose non vanno come dovrebbero. Per fortuna, prima di ripartire da zero e riprogettare tutto daccapo, possiamo analizzare le informazioni preziose di Google Analytics.

il mio sito non funziona

Di solito, il primo incontro con un cliente potenziale inizia con frasi di questo tipo:

“il sito non funziona, dobbiamo migliorarlo”
“dobbiamo aggiornare il sito, va reso più accattivante”
“abbiamo troppo testo, dobbiamo trasformare il nostro sito, renderlo ricco di immagini, nessuno legge più…”
E potrei continuare con molti altri esempi, forse qualcuna di queste frasi ti suonerà familiare.

Ma sei proprio sicuro che sia il tuo sito che non funziona?

Le mie domande per capire se questa affermazione è vera per la tua realtà sono solo tre:

  1. Quale obiettivo (numerico) ti eri dato quando sei partito con questo sito?
  2. Qual era il tuo punto di partenza?
  3. Possiamo accedere a Google Analytics e vedere qualche dato storico?

A questo punto il panico corre tra le fila, soprattutto per questi motivi: non si conoscono le credenziali di Analytics, non ci si accede praticamente mai o non si sanno valutare le metriche che ci propone.
Insomma è come se ci trovassimo di fronte a un sofisticatissimo termometro digitale e non fossimo in grado di leggerne la temperatura per capire se siamo in ottimo stato di salute o siamo gravemente malati, affidandoci solo a sensazioni di malessere o emozioni del momento.

Tutto deve cambiare perché tutto resti come prima, anche sul web

Prendendo in prestito questa citazione da Il Gattopardo potrei attirarmi qualche critica. Nella pratica ho osservato, con una certa frequenza, un comportamento”tipico” dei navigatori di un sito che è ben rappresentato in questa immagine:

L’immagine non è mia, ma non sono riuscito a trovare l’autore originale per citarlo come sarebbe giusto. Cerchiamo di capire insieme come ci può aiutare a definire obiettivi sostenibili mettendo le gomme a terra, come direbbe il mio amico Pietro Varvello senza svolazzare troppo.

Il conversion funnel e le sue 4 regole

Nel mondo anglosassone questa immagine viene chiamata conversion funnel, tradotto letteralmente imbuto delle conversioni. Quello su cui vorrei facessi attenzione, in questo caso, non sono i colori, ma i numeri e le parole che lo accompagnano.

Regola numero 1: solo tra l’1 e il 5% dei visitatori di un sito genera una conversione (conversions)

Ti ricordo che una conversione è qualsiasi azione che desideriamo una persona porti a termine sul nostro sito (registrazione su un form di contatto, download di un PDF, visione completa di un video, acquisto di un prodotto o di un servizio).

Se vogliamo avere un form di contatto compilato o vendere un prodotto, dovremo avere come minimo un numero di visitatori che oscilla tra i 20 e i 100. E nella pratica è proprio questo che si verifica: in un sito nuovo e ben organizzato si può arrivare facilmente ad avere 2-300 visitatori.

Regola numero 2: una percentuale dei visitatori tra il 30 e il 70 abbandona la prima pagina di un sito, in meno di 10 secondi, tecnicamente “rimbalza” (bounces)

E sì, per quanto bello, veloce, ricco di immagini, di testo o di tutte e due, questa è una regola del funnel cha fa male, sia ai progettisti che ai clienti, ma che è quasi sempre vera.

Come mai succede? Basta portare al nostro sito traffico poco pertinente (non coerente con i temi che il visitatore si aspettava di trovare) o poco rilevante (coerente con il tema che il navigatore cercava ma, per qualche motivo, il modo con cui è trattato risulta poco centrato).

Regola numero 3: La maggior parte delle persone naviga solo per informarsi, niente di più, ed è un numero tra il 30 e il 60% (browsers)

Alcuni navigatori -la traduzione letterale di browsers- lo fanno solo per curiosità senza nessun fine particolare. Una parte di questi, invece, può generare una conversione, anche non programmata, se viene convinta dalla qualità del sito e dei suoi contenuti o da una promo particolare.

Regola numero 4: l’indecisione regna sovrana, dobbiamo rendere tutto semplice, anche per un bambino di sei anni o una nonna di ottanta (early e late waveres)

Esatto. Stiamo parlando di quelle persone che hanno maturato una mezza idea di passare all’azione, ma qualcosa glielo impedisce. Vediamo cosa.

Nel caso degli early waverers probabilmente non siamo riusciti a convincere il potenziale cliente che la qualità di quello che offriamo è in linea con quello che si aspettava. La persona stava cercando proprio quello, ma si è dato da solo una risposta negativa a domande come queste:

  • la vostra newsletter sarà interessante?
  • il prodotto farà quello che dice davvero?
  • il prezzo è adeguato al prodotto?

Insomma non siamo stati per niente convincenti.

Nel caso dei late waveres, invece, le persone hanno percorso tutto l’imbuto ma hanno scelto di abbandonare il sito poco prima della decisione finale, a volte con la carta di credito in mano.

Perché succede?

Perché non riescono a capire cosa devono fare o trovano tutto troppo difficoltoso.
L’esempio iniziale su sei e ottant’anni non è un caso, sono le nuove tribù di navigatori che si affacciano sul web oggi come nativi “mobile”, e con enormi potenzialità non deludiamoli!

Imparare il conversion funnel e molto altro su Analytics

Vuoi scoprire come applicare il conversion funnel al tuo sito per darti degli obiettivi sostenibili? Non aspettare, il 28 marzo 2018 a Milano teniamo il corso “Perché il mio sito non funziona?” dove imparerai questo e molte altre cose utili e pratiche, anche se non hai esperienza. Ti aspetto!